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Tra i personaggi della grande letteratura thriller degli anni Trenta, Philo Vance, con il Nero Wolfe di Rex Stout, è certamente tra i più amati e conosciuti, oltre che tra i letterariamente più significativi: il detective newyorchese dilettante, intellettuale, esteta, grande studioso di psicologia ed esperto d'arte, oltre che uomo di raffinata eleganza, è un diretto discendente del "superuomo" nicciano, una sorta di D'Annunzio poliziotto privato, si potrebbe dire trasportando Philo Vance nella nostra cultura più vicina. D'altronde il suo creatore, Willard Huntington Wright, che scriveva thrillers sotto lo pseudonimo di S.S. Van Dine, era uno studioso di filosofia specializzato in Friedrich Nietzsche (sua la voce riguardante il filosofo tedesco nella Enciclopedia Britannica). Ma un'origine così intellettuale del personaggio, se da una parte costituisce una base letterariamente solida, non impedisce dall'altra il pieno dispiegamento delle migliori caratteristiche del classico poliziesco, arricchite dalla peculiarità del personaggio Vance: indolente, pigro, sempre perso nei suoi sogni, Philo Vance, contrariamente al suo amico Procuratore Distrettuale, persegue una modalità di indagine peculiare, basata non sull'evidenza dei fatti, che Vance considera per lo più ingannevole, ma sulla psicologia dei protagonisti, per lui unico "fatto oggettivo" capace di portare all'individuazione del colpevole.